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Da Belvedere a Cosenza per una scintigrafia, l’esame salta e parte lo scaricabarile

«Il direttore della divisione non ha voluto rilasciare un attestato da cui risultasse che la paziente si è presentata, ma l’esame non è stato eseguito ed ha addossato la responsabilità dell’accaduto al CUP»

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Il Mariano Santo di Cosenza

COSENZA – Una signora parte in auto da Belvedere Marittimo per una scintigrafia, prenotata tramite Cup e confermata telefonicamente dall’ospedale Mariano Santo, ma al suo arrivo a Cosenza l’esame non si tiene ed alla richiesta di chiarimenti si scatena lo scaricabarile: colpa del reparto o del centro unico prenotazione? E’ un giallo.

La denuncia è dell’avvocato Ennio Abonante, che da tempo patrocina gratuitamente persone che versano in grave stato di salute.

«Le gravi carenze strutturali del servizio sanitario regionale – denuncia l’avvocato Abonante – non sono certo una novità e si riflettono su tutti gli indicatori statistici, tant’è che la Calabria è in coda a tutte le classifiche.

Ma se a questi deficit strutturali si aggiunge anche una pessima organizzazione dei reparti ed una condotta non particolarmente diligente dei responsabili, è palese che la condizione dei pazienti, costretti a subire sulla propria pelle queste situazioni diventa davvero insopportabile.

Oggi voglio esporre la vicenda di una signora di Belvedere Marittimo che doveva effettuare una scintigrafia ossea ed ottenuto la prenotazione per il 29 novembre.

Qualche giorno fa ha ricevuto una telefonata di conferma della data e dell’ora dell’appuntamento e questa mattina, accompagnata dal marito, si è recata presso il reparto di all’Ospedale Mariano Santo divisione di Medicina Nucleare dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza dove, però, inopinatamente, ha appreso che non era possibile effettuare la scintigrafia.

Al grave disagio determinato dal fatto che non si tratta di un’indagine di routine ma di un esame particolare di cui la signora aveva impellente necessità, si è aggiunto anche l’atteggiamento ostativo del direttore della divisione, il quale non ha voluto rilasciare un attestato da cui risultasse che la paziente si è presentata, ma l’esame non è stato eseguito ed ha addossato la responsabilità dell’accaduto al CUP, per cui oltre al danno per non avere potuto effettuare la prestazione, è seguita la beffa.

Il camice bianco, è diverso da qualsiasi altro indumento da lavoro, perché presuppone che chi lo indossa, oltre alla competenza, sia portatore di umanità, comprensione e dedizione verso il prossimo e verso chi soffre, ma purtroppo, non è così».

Se qualcuno volesse intervenire in contraddittorio, ecco la nostra mail: info@calabriainchieste.it