RENDE (CS) – Sono passati diversi mesi dall’ultimo appello lanciato da Martina Barbiero figlia di Giovanna Pardini malata di Sla dopo l’ultima dose di vaccino.
Appelli lanciati all’Azienda sanitaria provinciale, per vedere riconosciuti i propri diritti a una persona malata e allettata.
«L’Asp di Rende ha accordato per mia madre mamma 4 ore di Oss, ma lei ne ha diritto a molte di più avendo la Sla tracheostomia che la rene completamente immobile», ha sottolineato la donna.
E, ancora: «Mia madre è entrata in clinica ad ottobre del 2023 ed è tornata a casa a luglio, dopo 9 lunghi mesi. Voleva stare con la sua famiglia e godersi un pò la nipotina di 10 mesi. Dopo quattro giorni – lei è uscita dalla clinica con dimissione protetta e Adì di terzo livello – si è presentato un medico della commissione che l’aveva presa in carico con 16 ore mensili senza neanche 1 infermiere». Da premettere che «mia mamma è tracheostomizzata allettata, con possibilità di essere messa su sedia con sollevatore, e usa il ventilatore polmonare che per lei è un salva vita».
Dopo aver «litigato con l’Asp di Rende e, in particolare con il direttore del Distretto che aveva assegnato a mamma solo 16 ore mensili, sono tornati a casa mia i commissari; non era uno ma bensì 3, assegnando a mamma 1 ora al giorno di infermiere e 2 volte a settimana di fisioterapia senza neanche 1 ora di Oss per supportarmi per la sua igiene personale. Mi hanno detto che dovevo scegliere tra Oss e fisioterapista».
Una scelta difficile «per chi come me deve già accudire una bambina piccola e, adesso, anche mia madre allettata. So chelei, con la sua patologia, ha diritto ad avere un assistenza di almeno di 6/8 ore tra fiosioterapia, logopedia, infermiere, oss e – perché no – anche un psicologo. Si sa, con questa malattia ogni giorno che perdi qualcosa è un lutto».
Ed è questo «che io chiedo: che le vengano riconosciuti i suoi diritti. Così facendo, potrei uscire di casa anche solo per andare a fare la spesa o magari riposarmi un pò visto che sono con lei e mia figlia notte e giorno senza neanche prendere 1 minuto di respiro».
Infine: «Confrontandomi con altre realtà, anche molto meno gravi della sua, vedo che sono state assegnate anche 9 ore al giorno tra tutte queste figure sanitarie. Mi chiedo,perché a mia madre con la patologia neuro degenerative più brutta, è stato assegnato solo 1 infermiere che cura la sua tracheostomia senza pensare alla sua igiene, ai suoi dolori, e a tutto quello che provoca la malattia? Mia madre ha 52 anni e non ha neanche la possibilità di alzarsi dalla sedia perché io non riesco a prenderla sola con il sollevatore. Perché devo essere costretta a non tenere mia madre a casa perché non ho l’assistenza adeguata. Non voglio per lei favoritismi, ma solo ciò che le spetta».
Martina Barbiero, quindi, lancia un appello alla Garante regionale della Salute Anna Maria Stanganelli: «So che è una persona molto presente e attenta alle necessità dei malati. Spero tanto che prenda in esame il mio caso e riesca a fare ragione l’Asp».
Purtroppo, chi non ha mai avuto a che fare con questo genere di patologia non ha idea di cosa si tratta, ecco perché ne abbiamo parlato con Alessia Curcio, operatrice socio sanitaria che collabora con un’azienda che garantisce assistenza domiciliare per il dipartimento di Pneumologia territoriale dell’As di Cosenza.
Da alcuni anni Alessia si occupa proprio di una paziente affetta da Sclerosi laterale amiotrofica, una patologia neurodegenerativa.
«La paziente di cui mi prendo cura è trancheostomizzata e gastrostomizzata, al quarto stadio della malattia. La Sla, conosciuta anche come “Morbo di lou Gehrig” o “malattia del motoneurone”, è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria».
Fatta questa premessa va specificato che «esistono svariate forme di Sla, ma tutte sono caratterizzate dalla degenerazione del primo o del secondo motoneurone o di entrambi. La morte di queste cellule avviene gradualmente nel corso dei mesi o anche di anni, determinano una progressiva compromissione delle relative funzioni».
E, ancora: «I primi segni della malattia compaiono quando la perdita dei motoneuroni supera la capacità di compenso dei motoneuroni superstiti, fino ad arrivare ad una progressiva perdita di forza muscolare e del relativo movimento. Nella maggioranza assoluta dei casi, però, rimangono integre le funzioni cognitive, sensoriali, sessuali e sfinterali (vescicali ed intestinali)».
La Sla presenta una caratteristica che la rende particolarmente drammatica: «pur bloccando progressivamente tutti i muscoli, non toglie la capacità di pensare e la volontà di rapportarsi agli altri; “la mente resta vigile ma prigioniera in un corpo che diventa via via immobile”».
In genere «si osserva nel paziente una progressiva perdita delle capacità di movimento, che può arrivare alla completa immobilità. Anche la masticazione, la deglutazione e la capacità di parlare possono essere compromesse. Gradualmente si manifesta nel soggetto la paralisi respiratoria, cui si può ovviare solo ricorrendo alla ventilazione meccanica. La Sla non compromette gli organi interni (cuore, fegato, reni), né o cinque sensi (vista, udito, olfatto, gusto e tatto)».
Infine: «Il decorso della malattia richiede un percorso d’assistenza che coinvolge tutta una serie di figure e operatori sanitari che tengano conto della perdita di autonomia che impone l’assistenza a domicilio. E’ importante adattare l’ambiente domestico al paziente, affinché non si senta di peso per i familiari».
Infine, ha sottolineato Alessia Curcio: «La Sla, in genere progredisce lentamente e, se ben curata, consente una qualità della vita accettabile».
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