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Tempi di permanenza media di ben cinque giorni al Pronto soccorso di Cosenza

L'unità operativa di Pronto Soccorso dell'Annunziata di Cosenza come un «girone infernale: privo di personale e assistenza scarsa». La denuncia dei dirigenti di Rifondazione comunista

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Il Pronto soccorso di Cosenza

COSENZA – L’unità operativa di Pronto Soccorso di Cosenza come un girone infernale: privo di personale, assistenza scarsa e tempi di permanenza media di ben cinque giorni.

E’ quanto denunciano in una nota condivisa Gianmaria Milicchio, segretario provinciale Prc-se Cosenza, Domenico Passarelli, cosegretario circolo “Gullo-Mazzotta” Prc-se Cosenza e Rita Dodaro cosegretaria circolo “Gullo-Mazzotta” Prc-se Cosenza.

Una denuncia elaborata sulla scorta di testimonianze dirette, come quelle – ad esempio – formalizzate quotidianamente a mezzo social e web da utenti o apparsi sulla stampa, Calabria Inchieste in primis (tutti ricorderanno la nostra inchiesta, anche fotografica, sulla degente portata in giro tra i reparti, in sedia a rotelle, dai propri parenti, non essendoci personale).

«Nel corso del tempo – spiegano Milicchio, Passarelli e Dodaro – il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Cosenza ha vissuto diverse ristrutturazioni e altrettanti proclami di migliorie apportate, con tanto di inaugurazioni in pompa magna.

Nei fatti però, come tutte e tutti quelli che vi sono capitati negli ultimi mesi ben sanno, è cambiato solo qualche cartello, sono state imbiancate le pareti, sono state persino introdotte alcune nuove denominazioni ma la qualità del servizio sanitario è rimasta pessima, nonostante un impegno ai limiti dello sfruttamento da parte dei bravi medici cubani.

Il punto più delicato del nosocomio cosentino continua perciò ad essere una specie di girone infernale, un posto in cui si registrano esperienze per lo più sconcertanti, di cui spesso resta traccia nelle “recensioni” lasciate da utenti e pazienti su social e sul web.

A conferma dei giudizi pesanti espressi dai cittadini-utenti, arrivano le considerazioni impietose rinvenibili, proprio su questo reparto, sui report nazionali più considerati, dove si certificano tempi di permanenza media di ben cinque giorni!

Abbiamo raccolto in questo senso, dalla voce diretta di familiari e pazienti, diverse testimonianze.

L’ultima, che ci ha colpito molto, è quella dolorosa e forte di Antonio Ruffolo, sindacalista Cgil che con sua madre, dopo una serie di vicissitudini e passaggi tra l’Ospedale ed una Clinica, e dopo aver avuto una polmonite (riceviamo segnalazioni di troppi casi del genere che si ripetono a seguito del ricovero in strutture sanitarie), ha dovuto essere portata, in condizioni aggravate, di nuovo al Pronto Soccorso.

In tali condizioni, la signora è stata comunque seguita con una scarsissima assistenza; questo perché, sottolinea responsabilmente il figlio della signora Anna Rosaria, vi è un’assoluta mancanza di personale.

Ed è questa la cosa più forte che vogliamo far presente, ovvero che a seguito del depotenziamento anche degli altri plessi di Pronto Soccorso della provincia ed a fronte di un numero molto ampio di utenza, ricordiamo che Cosenza è la provincia più grande e più popolosa della Calabria, corrisponde un numero assolutamente inadeguato di personale, che arranca e fatica duramente per cercare di portare avanti il proprio lavoro.

È necessario, dopo una immediata attivazione dell’insoddisfacente – a volte anche parassitaria – struttura burocratico-amministrativa, programmare ed effettuare assunzioni in tempi rapidissimi per avere una adeguata pianta organica, prevedendo concorsi per il settore del Pronto soccorso, magari con forti incentivi.

La Regione e i vertici sanitari devono far di tutto per chiudere la stagione dell’improvvisazione, del pressappochismo e delle scelte emergenziali.

Mentre è proprio la dimensione della emergenza quella che quasi sempre non viene rispettata nei PS, a fronte, appunto, di un’affluenza altissima che accusa il colpo soprattutto della mancanza, oltre che del personale anche di una buona rete distribuita sul territorio, la cosiddetta “medicina territoriale” o “medicina di prossimità”.

Per questi motivi, e per la ormai cronica mancanza di posti letto – nell’Annunziata ne mancano più di 300 – i pazienti ed i loro familiari stazionano in condizioni indecenti e per diversi giorni nel PS.

Antonio e sua mamma si sono dovuti confrontare, o sarebbe meglio dire “scontrare”, con questo ulteriore disagio, anche se la loro vicenda si è conclusa con un lieto fine, grazie all’intervento, caso unico se non raro, di una dipendente interna, la dottoressa Bartucci che si è prodigata molto, come dovrebbe avvenire per tutti senza chiamare né amici, né politicanti e né compari.

Il fine ultimo deve rimanere sempre uno: assicurare ai pazienti come la signora Anna Rosaria un posto letto in un reparto di cura, per ottenere tutte le prestazioni sanitarie ed assistenziali necessarie. Un diritto costituzionale fondamentale, troppo spesso trascurato e negato!», concludono i dirigenti comunisti.