CATANIA – Questa mattina, gli avvocati si sono presentati al processo d’appello “Rinascita-Scott”
presso l’aula bunker di Catania, tenendo tra le mani dei cartelli e dopo la lettura di un documento si sono allontanati.
Ciò per via dell’astensione di tutte le Camere Penali della regione indetta dal Coordinamento delle Camere Penali Calabresi per denunciare la pratica sistematica dei maxi processi e la conseguente lesione del diritto di difesa delle persone imputate.
In particolare, il coordinatore regionale avvocato Giuseppe Milicia ha letto un documento alla presenza dei Presidenti delle camere penali calabresi, Francesco Iacopino, Renzo Andricciola, Giuseppe Bruno, Pino Aloi, Antonio Alvaro e Francesco Siclari. Tutto il collegio difensivo ha aderito alla manifestazione di protesta.
«Abbiamo subito il trattamento previsto per i sospettabili quando ci hanno costretto a lasciare l’auto in aperta campagna lontano dai parcheggi dell’aula bunker di Lamezia. Abbiamo subito il trattamento degli asserviti quando hanno imposto l’agenda ossessiva da 170 udienze al Panno in media per sostenere la marcia forzata a garanzia della permanenza in vincoli dei presunti innocenti. Abbiamo subito il trattamento degli invisibili senza diritto di interloquire nemmeno sulle precondizioni per l’esercizio dignitoso dei diritti (affievoliti), quando ci hanno negato anche l’opportunità di esprimere il nostro punto di vista nelle sedi nelle quali venivano messe a punto le inusitate distopiche soluzioni per rimediare alla inagibilità dell’hangar lametino. Sulla testa degli imputati e dei loro avvocati anche l’obbligata migrazione di massa verso sedi lontane. Sui loro diritti si scarica il fallimento dell’organizzazione militare della giustizia penale calabrese».
Ed ancora: «Abbiamo accettato le regole aberranti del processo dematerializzato e ci hanno negato anche i “diritti minorali” contemplati dal simil processo tecnologico della contemporaneità: nel sistema di gestione militare dei maxi, i numerosi colleghi che hanno chiesto di partecipare al processo a distanza, prima hanno scoperto una nuova regola, quella dell’avvocato da collegare dal carcere più vicino a casa sua (anziché dallo studio professionale come previsto dalla norma); poi, 48 ore prima dell’inizio della causa, si son visti revocare l’umiliante invito a presentarsi in carcere. Ma non perché melius perpensa re sia apparsa illegale l’escogitazione, ma perché il DAP oltre a non disporre di risorse sufficienti ritiene sconsigliabile, perché pericoloso per la sicurezza, l’andirivieni di avvocati dalle salette dedicate. Dovremmo averne abbastanza».