AMANTEA (Cs) – Continua a fare discutere la vicenda di Francesco Aloe, di anni 13, frequentante la scuola Media “G. Mameli”, classe 1 B portato in classe – ubicata al primo piano della struttura, dai collaboratori scolastici (come si evince dal video allegato) perché l’ascensore presente a scuola non è mai entrato in funzione.
In merito è intervenuta la dirigente scolastica, Licia Marozzo, per sottolineare di essersi attivata per risolvere la problematica.
«La classe frequentata dall’alunno dall’inizio dell’anno è stata allocata provvisoriamente in un laboratorio a piano terra, nelle more di trovare soluzione diversa (montascale e/o ascensore)».
E, ancora: «Una volta messo in funzione un montascale della scuola, donato proprio per queste necessità dalla sezione Rotary di Amantea, l’alunno ha sempre avuto accesso alla classe e mai si sono verificati situazioni in cui il minore è stato portato in braccio». In merito, lo ricordiamo, i genitori hanno posto l’accento sul fatto che il proprio figlio viene portato dai collaboratori sul montascale con il rischio di poter cadere, come si evince dal video (https://www.calabriainchieste.it/2025/02/12/studente-affetto-da-tetraparesi-portato-in-classe-con-un-montascale-rotto-chiesto-lintervento-dei-vigili-del-fuoco/)
La dirigente Marozzo prosegue sottolineando ancora come «fino al 3 febbraio tutto quello che la scuola ha predisposto per garantire il sacrosanto diritto all’istruzione all’ alunno in questione non è mai stato messo in discussione dai genitori, non sono pervenute, infatti, preoccupazioni o lagnanze da parte della famiglia né a me, né alla docente di sostegno, né ad altri (contrariamente, dunque, a quanto sostenuto dai genitori di Francesco https://www.calabriainchieste.it/2025/02/13/ragazzo-disabile-portato-in-aula-con-il-montascale-rotto-interviene-mamme-indispensabili/) questo fino alla giornata del 3 febbraio, quando tramite il social di fb è stato pubblicato un video che uno dei genitori ha effettuato in assoluta autonomia, non avvisando neanche i collaboratori scolastici del fatto che li stava riprendendo e che aveva l’intenzione di pubblicare quel video e, quindi, i loro volti».
Ma, al di là di questo, «che è questione veramente secondaria in questo momento, quello che si è fatto per l’alunno è stato sempre valutato nell’interesse primario del minore e della sicurezza a scuola; per questo motivo alcune domande sorgono spontanee e mi permetto di esternarle per provare a dare un senso a quanto accaduto:
– perché questi genitori non si sono mai rivolti alla scuola, nella persona del docente di sostegno e alla scrivente nello specifico, la quale avrebbe sicuramente accolto eventuali perplessità e valutato altre soluzioni? Perché hanno dichiarato in altro articolo che avrebbero cercato contatti con me? A supporto di ciò si aggiunge che la docente di sostegno oltretutto è la docente responsabile del plesso, quale motivo avrebbe avuto questa docente per non avvisarmi?
- – perché si attacca la scuola nel primo post del 3 febbraio mettendo in dubbio che siano state inviate PEC di sollecito al Comune per l’ascensore?
- – perché nello stesso post si scrive che l’alunno è portato in braccio dai collaboratori, quando invece, con l’allestimento del montascale a cingoli, le scale sono state sempre percorse col montascale gestito da due collaboratori dedicati?
- – Perché su un articolo di oggi 13 febbraio di Calabria Inchieste si scrive che il montascale è rotto da settembre, quando è stato sempre funzionante da quando è stato messo in funzione? Perché si scrive che è ancora non funzionante e il personale porterebbe il ragazzo in braccio?
- A chi giova asserire tutto questo?
Dov’è la tanta auspicata alleanza con la famiglia?».
E, poi: «Dopo aver appreso la notizia dai social (post del 3 febbraio), e dopo le opportune valutazioni effettuate con il responsabile della sicurezza a scuola ci si è adoperati subito, per trovare un’altra soluzione, una soluzione che potesse ulteriormente rendere più agevole la permanenza a scuola da parte di Luca (nome di fantasia)».
Infine: «A chi giova diffondere notizie false? Non certamente alla scuola che è la stessa comunità che lavora con Luca e per Luca e che si adopera con grande attenzione per rispondere alle necessità di tutti gli alunni, soprattutto di coloro che hanno bisogni speciali, con un impegno silenzioso, costante, fatto di lavoro quotidiano ove è imprescindibile l’alleanza con i genitori, ma l’alleanza va costruita col dialogo e non con accuse diffamanti a mezzo stampa».