Un'aula di udienza

ROMA – La suprema corte di Cassazione si è espressa sul ricorso proposto da un dipendente pubblico amanteano, R.L., avverso l’ordinanza del 20 agosto 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola in funzione di giudice dell’esecuzione, accogliendo i motivi di ricorso della difesa e, quindi, annullando l’impugnata ordinanza, limitatamente al punto concernente la concessione della sospensione condizionale della pena irrogata con la sentenza indicata, rinviando per nuovo giudizio sul punto Tribunale di Paola (Ufficio Gip).

L’ordinanza del Gip di Paola, ora annullata dalla Cassazione, prevedeva anche l’interdizione dai pubblici uffici, oltre alla sospensione condizionale della pena a carico dell’imputato.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Paola in funzione di giudice dell’esecuzione ha revocato nei confronti di R.L. tre decreti penali di condanna (omesso versamento di ritenute previdenziali) per intervenuta abolitio criminis del reato nonché ha rigettato la richiesta di concessione della sospensione condizionale, con riferimento a una diversa condanna, resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola, per reati tributari, confermata dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza divenuta definitiva il 3 febbraio 2022.

Il Giudice dell’esecuzione ha evidenziato che quest’ultima sentenza era intervenuta quando il reato di cui all’art. 2 cit. era stato già oggetto di abrogazione e che la condanna per tale titolo di reato, comunque, poteva essere valutata ai fini della negazione della sospensione condizionale.

Inoltre, si notava che, dalla motivazione della sentenza della Corte d’appello che aveva negato il beneficio, risultava che questo non era stato concesso per mancanza di una prognosi favorevole e non per ostacoli di ordine giuridico.

Sicché, ad avviso del Giudice dell’esecuzione, la richiesta non poteva trovare accoglimento, risolvendosi in una modifica del giudicato in assenza di utili elementi sopravvenuti.

RICORSO DELLA DIFESA, DUE MOTIVI ACCOLTI DAL GIUDICE DI LEGITTIMITA’

Avverso il provvedimento indicato, il condannato ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, per il tramite dei difensori, avvocati Sabrina Mannarino e Carmine Curatolo del foro di Paola, affidandosi a due motivi, di seguito riassunti, nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

Con il primo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione, con correlato vizio di motivazione in relazione alle ragioni esposte per giustificare il mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Il Giudice dell’esecuzione ha posto a base del diniego una duplice ragione, la prima, relativa al fatto che essendo intervenuta la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali inferiori a 10.000 euro per anno, in momento precedente rispetto alla sentenza per la quale si chiedeva la concessione del beneficio (del 11 gennaio 2018), questo elemento poteva essere già valutato dal Giudice della cognizione.

La seconda ragione è dovuta al fatto che la Corte di appello non avrebbe concesso il beneficio per mancata prognosi favorevole e non per ostacoli di ordine giuridico.

Si assume che la prima motivazione è errata in diritto.

Nella specie, le tre precedenti condanne erano decreti penali per omesso versamento di ritenute previdenziali, oggetto di abolitio criminis parziale, perché relativa solo alle omissioni di versamenti non eccedenti 10.000 euro annui, sussistendo piena continuità normativa con la precedente incriminazione ove detti omessi versamenti superino la soglia indicata.

Si rimarca che in sede di esecuzione è consentito pronunciare la revoca della sentenza per abrogazione o dichiarazione di legittimità costituzionale, tanto più se si tratta di reato oggetto di abolitio criminis solo parziale che, dunque, presuppone, ai fini della revoca, un accertamento di fatto che non può compiere il giudice della cognizione chiamato a decidere su una diversa fattispecie giuridica.

Sicché, tale potere non era consentito né al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola, in data 11 gennaio 2018, né alla Corte di appello di Catanzaro che, successivamente, aveva confermato quella statuizione.

Con riferimento al secondo aspetto, il ricorrente deduce che il Giudice dell’esecuzione è incorso in un errore di interpretazione della motivazione della sentenza della Corte di appello di Catanzaro.

Questa, invero, non avrebbe negato il beneficio per ragioni legate a una mancata prognosi favorevole, ma solo per ragioni giuridiche dovute all’esistenza di precedenti penali costituiti dai tre decreti penali oggetto di revoca (si riporta, a p. 8 del ricorso, stralcio della motivazione della sentenza della Corte di appello di Catanzaro dove la prognosi formulata, secondo il ricorrente, risulta fondata esclusivamente sulle precedenti condanne).

Sicché, l’ordinanza si pone in contrasto con la giurisprudenza delle Sezioni Unite (Rv. 232610) nella parte in cui ha evidenziato che la linea interpretativa che esclude la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, in caso di revoca della sentenza di condanna per abolitio criminis, conduce a risultati che appaiono disarmonici rispetto alla regola fondamentale enunciata dall’art. 2, comma secondo, cod. pen. e ai valori costituzionali di ragionevolezza ed equilibrata simmetria dell’ordinamento.

Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 164 cod. pen., 673, comma 1, cod proc. pen. e vizio di motivazione circa la valutazione prognostica in ordine alla capacità del condannato di commettere ulteriori reati.

La giurisprudenza di legittimità, con riferimento ai provvedimenti conseguenti che vanno adottati dal giudice dell’esecuzione ex art. 673 cod. proc. pen., ha indicato che devono annoverarsi anche gli effetti preclusivi eventualmente determinati dalle condanne revocate (si richiama Sez. 1, n. 16740 del 2006).

L’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena rientra a pieno titolo nell’ambito di tali provvedimenti conseguenti, ovviamente salva una valutazione preliminare circa la capacità del condannato di astenersi dal commettere ulteriori reati (si richiamano precedenti di legittimità, tra gli altri, Sez. U, Rv. 232610).

Tale giudizio prognostico, per il ricorrente, sarebbe stato del tutto omesso nel provvedimento impugnato. Inoltre, è pur vero che la Corte di legittimità ha affermato il principio secondo il quale le condanne revocate possono essere apprezzate in relazione ai fatti che le hanno sostanziate, come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterrà in futuro dal commettere altri reati, nell’ambito di una complessiva prognosi sul rischio di recidiva.

Tuttavia, nell’ordinanza impugnata, tale argomentazione è del tutto elusa perché il giudice dell’esecuzione si è limitato al richiamo dei precedenti in via astratta, come possibili fattori incidenti sul giudizio prognostico.

Entrambi i motivi di ricorso sono stati ritenuti fondati.

Segue l’annullamento dell’impugnata ordinanza limitatamente al punto concernente la concessione della sospensione condizionale della pena irrogata con la sentenza indicata, rinviando per nuovo giudizio sul punto Tribunale di Paola – Ufficio Gip.