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Fronti aperti e diplomazia incerta: la guerra in Ucraina al bivio del 2025

Mentre ciclicamente escono titoli sensazionalistici, sul terreno continuano scontri su più fronti e si apre uno spazio per una via diplomatica ancora fragile

Vladimir Putin

RUSSIA-UCRAINA – Nelle ultime settimane, la guerra tra Russia e Ucraina ha visto una nuova intensificazione degli scontri e una ripresa timida, quasi inaspettata, delle trattative diplomatiche.

Aumentano attacchi, contro-offensive e offensive tecnologiche, in una fase che sembra destinata a segnare un ulteriore giro di boa del conflitto.

Fronte bellico: scontri su più direttrici

Le forze ucraine, sotto il comando del generale Oleksandr Syrskyi, stanno impegnando circa 10.000 soldati russi nella regione di Kursk — oltre confine — coprendo circa 90 km² con operazioni preventive. Questo fronte settentrionale si inserisce in un quadro complessivo in cui la linea del fronte si estende per circa 1.200 km, in cui i contendenti registrano guadagni territoriali, ma anche perdite rilevanti.

Nel contempo, i russi hanno in corso la loro massiccia offensiva di primavera: di inizio giugno è la conquista ucraina del villaggio di Kostiantynivka, nel Sumy Oblast, con conseguente perdita di circa 125 km² di territorio ucraino, e un bollettino grave (28 civili feriti, 4 morti). Una vittoria che conferma come la guerra terrena continui senza tregua.

Sul piano dell’aerospazio, l’Ucraina ha effettuato Operation Spider’s Web l’1 giugno, attaccando cinque basi aeree russe con 117 droni e colpendo almeno 20 velivoli, di cui 10 distrutti, tra cui bombardieri strategici Tu‑95 e Tu‑22. Si tratta dell’attacco dronico più massiccio mai condotto finora, che ha ulteriormente alzato il livello della guerra tecnologica.

La risposta russa non si è fatta attendere: oltre 400 droni e missili hanno colpito l’Ucraina, mentre le comunità civili hanno subito colpi pesanti.

Parallelamente, il ponte ferroviario di Crimea è stato destabilizzato da un attacco esplosivo subacqueo dell’SBU il 3 giugno, con 1.100 kg equivalenti di TNT. L’infrastruttura è parsa danneggiata, anche se successivamente riaperta.

Difesa, armamenti e resistenza tecnologica

Di fronte a questa escalation, l’Ucraina dichiara di aver intercettato l’82% dei droni iraniani Shahed lanciati dalla Russia e potenzia i sistemi di difesa aerea, investendo anche in aeromobili leggeri e sistemi di intercettazione dei droni.

Sul fronte politico e industriale, il presidente Volodymyr Zelensky ha chiesto agli alleati occidentali di destinare almeno lo 0,25% del PIL alla produzione di armi, portando a 43 miliardi di dollari il volume di armamenti prodotti internamente nei primi cinque mesi del 2025 (copertura attualmente al 40% del fabbisogno).

Le trattative includono cooperazioni bilaterali con Danimarca, Norvegia, Germania, Canada, Regno Unito e Lituania, anche tramite il progetto “Build with Ukraine”.

Diplomazia: tra summit e trattative fragili

Sul versante diplomatico, l’iniziativa europea Coalition of the Willing ha preso avvio nei summit di marzo a Londra e Parigi. Guidata da UK e Francia, coinvolge oltre 26 nazioni, compreso il Giappone, con l’obiettivo di garantire assistenza militare e future forze di peacekeeping in caso di accordo di cessate il fuoco.

Parallelamente, pareciate trattative a Istanbul in inizio giugno, incentrate su un “roadmap” di pace: cessate il fuoco di 30 giorni, nuovi scambi di prigionieri e summit tra Zelensky e Putin. Tuttavia, l’impasse persiste: la Russia chiede il ritiro dai territori annessi, mentre l’Ucraina non cede sull’integrità territoriale.

Ulteriori tensioni emergono in seno alla NATO, in vista del summit dell’Aia: sotto la presidenza Trump, l’attenzione sarà spostata dall’Ucraina verso sfide globali — Indo‑Pacifico e Medio Oriente — e non è escluso un rallentamento nel sostegno militare a Kiev.

La guerra ibrida: cyber attack e nuove minacce

A rafforzare il contesto, attacchi cyber attuati da gruppi legati alla Cina hanno preso di mira infrastrutture e istituzioni russe per raccogliere informazioni sullo sforzo bellico, segno di crescente sfiducia tra “alleati” e dell’evoluzione della guerra a livello tecnologico e informativo.

Impasse bellico tra speranza e realpolitik

Il quadro che emerge è duplice: da un lato un’escalation militare — con attacchi sempre più sofisticati, uccisioni e conquiste tangible; dall’altro, una corsa diplomatica che stenta a tradursi in risultati concreti, ostacolata da condizioni inconciliabili. In mezzo, una rete di alleanze e interessi che rischia di cristallizzare il conflitto in una guerra lunga e senza fine apparente.

La tempesta in atto ci ricorda che anche quando l’avanzata militare segna i titoli principali, il futuro si gioca nelle stanze dove si decide il linguaggio del compromesso — o della perseveranza. La fine della guerra è un investimento politico, economico e morale che va costruito ora, prima che i costi diventino irreparabili