ROMA – In un’aula carica di attese, il Senato ha dato l’ok all’articolo 2 della riforma della giustizia, sancendo la distinzione tra percorsi professionali per i magistrati: uno per i pubblici ministeri, l’altro per i giudici.
È un momento di svolta nella più ampia ristrutturazione del sistema giudiziario italiano, che promette maggiore specializzazione, ma solleva interrogativi sull’autonomia dei togati e il corretto bilanciamento dei poteri.
La riforma in pillole: cos’è cambiato
Con il voto favorevole al secondo articolo, il Senato ha adottato uno degli snodi centrali del disegno di legge sulla separazione delle carriere: si stabilisce che magistrati requirenti e magistrati giudicanti seguano percorsi distinti, con autorità separate, organi disciplinari autonomi e l’istituzione di un’Alta Corte specifica per la disciplina interna.
Questo passaggio avviene dopo il primo via libera della Camera (16 gennaio 2025) e la recente approvazione in commissione degli articoli costitutivi. Ora l’iter proseguirà in Senato con la discussione degli emendamenti, oltre 1.300, su cui è stato applicato il meccanismo ‘canguro’ per velocizzare.
Perché è importante: specializzazione, equità e controllo
I sostenitori, tra cui il Guardasigilli Carlo Nordio e il ministro Francesco Paolo Sisto, sostengono che la riforma promuova una maggiore competenza e imparzialità.
“Chi oggi si oppone… dovrebbe ricordare che a sostenerla fu anche Giovanni Falcone”, ha dichiarato Sisto, richiamando il valore storico della separazione .
Maurizio Lupi di Noi Moderati ha definito l’iniziativa “elemento essenziale per garantire una giustizia più imparziale, chiara e autenticamente orientata ai bisogni dei cittadini”.
In concreto, si prevedono due concorsi distinti, due CSM autonomi e una nuova Alta Corte disciplinare.
Le critiche: rischio bivalenza e politicizzazione
Sull’altra sponda politica, l’opposizione – PD, Avs, M5S – ha espresso forte dissenso. Il senatore Tino Magni ha definito la riforma “contro i magistrati, che tenta di metterli sotto il controllo politico”.
Dario Parrini, vicepresidente della commissione Affari Costituzionali, ha bollato come “pericolosa” l’operazione, avvertendo che si rischia la creazione di “un corpo separato, incontrollato e autoreferenziale di pubblici ministeri”. Le critiche riguardano anche l’uso del sorteggio per la composizione dei nuovi organi, giudicato “una follia” perché ignora merito e competenze .
Equilibrio tra tradizione e innovazione
Il cuore del dibattito ruota attorno a una domanda cruciale: senza la possibilità di passaggi tra ruoli, si danneggia la comprensione reciproca tra chi accusa e chi giudica? La riforma vuole evitare i “giri di porte” tra pm e giudici– criticati già diversi anni fa, tanto che un referendum nel 2000 non raggiunse il quorum. Ma molti ritengono che una formazione separata possa impoverire la conoscenza professionale condivisa, essenziale per un sistema giudiziario equilibrato.
I prossimi passi e un possibile referendum
Dopo il voto all’articolo 2, il percorso legislativo proseguirà con il voto finale in aula e, successivamente, con un referendum confermativo previsto per la primavera 2026. Si attende quindi un confronto pubblico sulle scelte fondamentali della riforma costituzionale.
Il sì del Senato all’articolo 2 segna un evento storico: la magistratura italiana si avvia verso una configurazione a doppio binario, con percorsi separati e organi distinti.
L’obiettivo è una Giustizia più efficiente e imparziale; la paura è un eccesso di frammentazione e una maggiore esposizione ai condizionamenti politici. Il referendum che verrà sarà l’ultimo capitolo, dove la parola spetterà ai cittadini. Nel frattempo, il sistema giudiziario resta sotto i riflettori: è il tempo delle scelte, ma anche delle responsabilità collettive.