La cella di una Casa circondariale

VERCELLI – Un agente della Polizia Penitenziaria originario di Cassano Ionio, è stato vittima di una “folle e assurda aggressione”.

Questa è la denuncia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria attraverso il segretario per il Piemonte Vicente Santilli, che ha voluto far emergere le difficoltà in cui si trovano a operare gli agenti a contatto con detenuti di questo tipo.

Il poliziotto penitenziario, di 43 anni, in servizio nel Reparto detentivo dell’Ospedale di Vercelli è stato preso di mira da un “detenuto nordafricano, che si è già reso responsabile di diversi eventi critici durante la detenzione, attualmente ricoverato presso il Reparto penitenziario sito all’interno dell’Ospedale di Vercelli”

“Il poliziotto di servizio gli aveva consentito l’uscita dalla camera per andare in bagno. La cosa inquietante è che l’aggressione, particolarmente violenta  (al poliziotto sono stati certificati più di 30 giorni di prognosi nonché ingessatura e collare cervicale), è stata posta in essere al grido di “Allah Akbar”. Solo l’immediato intervento di altri Baschi Azzurri ha fermato la furia dell’uomo, al quale poi i sanitari hanno previsto un intervento farmacologico”.

“E’ del tutto evidente che così non si può più lavorare: oltre alle continue minacce verbali e agli insulti, ora dobbiamo anche registrare il richiamo alle parole d’ordine di un fondamentalismo islamico becero e violento. La Polizia Penitenziaria deve essere messa in condizione di svolgere il proprio lavoro in sicurezza, nelle carceri e negli ospedali, ma la politica e le istituzioni devono delineare un quadro normativo di intransigenza e repressione per ogni atto violento commesso contro chi, in uniforme, rappresenta lo Stato”, conclude Santilli.

“La minaccia terroristica di matrice internazionale è ormai da tempo accostata alla considerazione che le carceri possano costituire un bacino di reclutamento importante, agevolato oltre che dal massiccio affollamento degli istituti penitenziari anche dalla mancanza di punti di riferimento esterni – evidenzia Donato Capece, segretario generale del Sappe – A ciò si aggiungono, come riscontrato più volte dal monitoraggio che viene svolto quotidianamente dagli uomini del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, le condizioni di disagio e vulnerabilità che possono incidere in maniera preponderante su “suggestioni” derivanti dalla propaganda jihadista. Da qui al rischio radicalizzazione il passo è davvero breve. Al netto degli accertamenti che sicuramente attesteranno con certezza la natura della minaccia – reale o semplice emulazione – torno ad evidenziare i rischi della radicalizzazione violenta e del proselitismo all’interno degli istituti penitenziari in relazione al fondamentalismo islamico”.

Per il leader nazionale del Sappe, infatti, “anche il carcere è luogo sensibile, da monitorare costantemente, per scongiurare pericolosi fenomeni di proselitismo del fondamentalismo islamico tra i detenuti presenti in Italia. La Polizia Penitenziaria, attraverso gruppi selezionati e all’uopo preparati, monitora costantemente la situazione, ma non dimentichiamo che oggi è ancora significativamente alta la presenza di detenuti stranieri in Italia”.