UCRAINA – Thomas D’Alba, 40 anni, nato a Legnano e convolato in conflitti lontani, ha lasciato il mondo della musica e del quotidiano per arruolarsi nella Legione Internazionale ucraina. Il suo sacrificio, avvenuto nella regione di Sumy a metà giugno, torna a interrogare l’Italia sull’etica della scelta individuale in guerra e sul ruolo del volontario nel contesto geopolitico europeo.
Chi era Thomas D’Alba
D’Alba era un ex paracadutista della Folgore, che aveva abbandonato una promettente carriera musicale per seguire il richiamo delle armi in Ucraina. La sua figura usciva dalla norma: un insegnante di musica con alle spalle l’esperienza nei corpi speciali, definito da amici come “gentile e coraggioso”, e motivato non solo dalla difesa dell’Ucraina, ma da un più ampio impegno per i valori europei.
Il sacrificio a Sumy
Il 40enne di Legnano è caduto in combattimento nella regione di Sumy, area continuamente colpita da raid russi anche durante brevi tregue. A raccontare il suo ultimo giorno è stato Vladislav Maistrouk, attivista e creator ucraino, che lo descrive come «un uomo gentile e coraggioso», convinto che combattere in Ucraina fosse la sua missione senza alcun dubbio sulla giustezza della sua scelta.
D’Alba tra musica e armi
Le immagini condivise da Maistrouk ritraggono D’Alba dietro il suo kit di batteria e poi in mimetica, elmetto calzato, sorridente mentre era in servizio. Un contrasto che affascina: il passaggio dal ritmo delle percussioni al boato delle esplosioni, un percorso che lo ha portato a rinunciare a “comfort e lavoro stabile” per difendere un ideale, lasciando dietro un futuro stabile per il pericolo del fronte.
Scelte individuali e norme italiane
In Italia, la legge vieta l’arruolamento in eserciti stranieri, ma numerosi italiani – D’Alba fra loro – hanno ignorato questo divieto per combattere. La sua morte porta a sette i connazionali caduti in Ucraina. Che dire a una nazione che ha mandato cittadini a morire per cause lontane? Le istituzioni restano silenti, ancora indecise tra rispetto del diritto e solidarietà civile.
I congedati Folgore
“Aveva prestato servizio nella Folgore e due anni orsono di è arruolato nella brigata internazionale di Kievm lasciando il posto di insegnante di musica. In un post aveva scritto: «Sono stato in molte missioni all’estero, ed a volte mi chiedevo se fossi dalla parte giusta. In Ucraina non ho mai avuto questo dubbio».
SETTE ITALIANI SONO CADUTI PER LA CAUSA UCRAINA E RUSSA
D’Alba è il settimo italiano morto in combattimento all’estero. Nell’aprile 2022 resta ucciso Edy Ongaro, 46 anni, originario di Portogruaro (Venezia). In battaglia era ‘Bozambo’, è stato centrato da una bomba a mano in Donbass. A settembre 2022 muore Benjamin Giorgio Galli, un 27enne originario di Varese a seguito delle ferite in combattimento.
Ad ottobre muore, schierato con i russi, Elia Putzolu, 27 anni, nato a Roma e cresciuto in Toscana. Nel novembre del 2024 Angelo Costanza, 42 anni, di Favara ma residente in Belgio scompare. Si presume sia stato fatto prigioniero.
Nel maggio 2025 sono stati uccisi Antonio Omar Dridi, 35enne di Palermo e Manuel Malei di Cagliari, di 25 anni»
Il messaggio lasciato
Nel post d’addio di Maistrouk, la frase di Thomas riecheggia: «In Ucraina non ho mai avuto questo dubbio. Gloria agli eroi!». Una parola che si carica di significato, laddove la sua scelta è stata netta e personale. Il suo sacrificio chiede all’Italia un nuovo patto morale: è dovere dello Stato onorare e assistere chi, per ideali condivisi, si è esposto in prima persona.
La storia di Thomas D’Alba non è solo quella di un soldato morto in un conflitto estero: è un racconto di rinunce, scelte radicali e valori messi in gioco. D’Alba ha incarnato la tensione tra vita quotidiana e bisogno di difendere ciò che si ritiene giusto, al costo della stessa esistenza.
L’Italia è chiamata oggi a confrontarsi con questa eredità: non basta commemorare l’eroe, serve costruire un sistema che accompagni chi, come lui, sceglie di combattere lontano da casa.