ROMA – Dalla Calabria a Roma, portando con sé il peso del mito e la forza delle radici: il gruppo teatrale Cilla Giovani ha conquistato il pubblico e la giuria del Festival “Canotto Parlante” 2025, tenutosi al Teatro Porta Portese, con l’opera La scala, scritta e diretta dal maestro Giuseppe Sciacca.

Un successo pieno — miglior opera rappresentata, premio per la migliore attrice non protagonista ad Annalisa Crispino nel ruolo di Niobe, premio della giuria popolare e terzo posto per la migliore drammaturgia — che conferma la qualità e la crescita di una realtà artistica giovane ma già matura, capace di coniugare linguaggio classico e sensibilità contemporanea.

Un’opera che nasce dal mito ma parla all’oggi

La scala è una tragedia in un atto unico, densa di simboli e tensioni, costruita su una scrittura scenica raffinata e corale. Sciacca, autore e regista, intreccia i destini di figure mitologiche — Niobe, Tiresia, Ecuba, Eudemo, Etico — in un mosaico di voci e silenzi che evocano i temi eterni del dolore, della colpa, della giustizia e della guerra.
Al centro, la “scala” stessa: un oggetto-simbolo, “creata da Kronos prima del tempo”, come afferma Tiresia, che diventa metafora del desiderio umano di elevarsi verso la conoscenza e l’immortalità. Ma la scala, lunga e senza fine, rappresenta anche la superbia, l’illusione del dominio sull’eterno.

Il messaggio è chiaro: la vera libertà non appartiene a chi aspira a diventare dio, ma a chi resta umano, soffrendo e scegliendo con coscienza.

La regia: essenzialità e tensione drammatica

Sciacca costruisce una scena sobria, quasi ascetica, in cui pochi elementi bastano a evocare l’infinito. L’essenzialità della scenografia amplifica la densità delle interpretazioni: corpi e voci riempiono lo spazio con precisione rituale. Il ritmo è serrato, senza pause narrative superflue; ogni parola è scelta, ogni gesto ha un peso.
La recitazione di Annalisa Crispino, premiata come miglior attrice non protagonista, emerge per intensità e profondità emotiva. La sua Niobe è madre, vittima e simbolo: «donna in catene, ferita dalla superbia e dalla vendetta divina», ma anche figura universale della dignità che resiste al dolore. Accanto a lei, le interpretazioni di Francesca Sciacca (Ecuba), Giuseppe Cozza (Tiresia), Daniele Sicilia (Eudemo) ed Emanuele Novello (Etico) compongono un affresco corale di grande forza drammatica.

Dal mito alla contemporaneità

In La scala il mito non è rifugio, ma strumento di indagine sul presente. Le guerre antiche riecheggiano nelle guerre di oggi, la violenza sugli dei si specchia in quella sulle donne e sui civili, la cecità di Tiresia diventa la metafora di un’umanità che vede ma non comprende.

Falce e parola si fondono in una riflessione sul potere e sulla libertà: l’arte, come la scala, può condurre in alto, ma solo se radicata nella verità. Lo spettatore non assiste: partecipa, si interroga, esce dal teatro con una domanda più che con una risposta.
In un’epoca in cui la velocità dei social rischia di svuotare il senso, il teatro di Sciacca e dei Cilla Giovani restituisce al pubblico il valore del silenzio, della parola pensata, del gesto necessario. È un teatro che parla con la forza della classicità e la sincerità del presente.

Un gruppo calabrese che cresce, con visione e coraggio

Il trionfo romano non è un episodio isolato. Il gruppo Cilla Giovani, nato in Calabria come laboratorio di formazione teatrale e ricerca drammaturgica, si è progressivamente affermato in contesti regionali e nazionali grazie a un linguaggio che unisce studio, autenticità e passione.

Ogni progetto nasce da un confronto collettivo, da una coralità che è cifra distintiva della compagnia. «Il nostro teatro — spiega Sciacca, in diverse prese di posizione, apparse anche su Calabria Inchieste — nasce dal basso, dal contatto con la realtà, ma guarda in alto, perché il mito non è fuga: è conoscenza».
Un approccio che ha convinto anche la giuria romana del Canotto Parlante, festival dedicato al teatro indipendente, che da anni promuove giovani drammaturgie emergenti e produzioni d’autore.

Il successo de La scala non è soltanto la vittoria di una compagnia, ma il segno che il teatro, quando è sincero, continua a emozionare e a interrogare. La Calabria, terra di contrasti e di luce, mostra ancora una volta di saper generare cultura viva, che osa, che pensa e che non teme di misurarsi con i grandi temi dell’uomo.

Nell’epoca degli slogan, Cilla Giovani ci ricorda che salire una scala — quella dell’arte, del pensiero, del coraggio — significa sempre scegliere di andare controcorrente.