I Ris all'opera

A novembre il procuratore di Trieste ha riaperto dopo 13 anni il caso Unabomber e adesso ci sono dieci indagati, uno in più rispetto alle vecchie indagini. Si tratta di un passaggio necessario per potere effettuare l’incidente probatorio ed eseguire le indagini genetiche su dieci oggetti, sequestrati nell’ambito delle indagini sul misterioso attentatore.

La Procura in una nota precisa che la richiesta è stata formulata dal pm Federico Frezza e che nel fascicolo risultano indagati “tutti coloro che avevano rivestito tale posizione nel corso dei procedimenti avviati all’epoca dalla stessa Procura”, ma c’è anche un decimo indagato. “Una persona la cui attendibilità appare problematica ed è tutta da verificare”, precisano.

Le persone che erano state coinvolte in passato sono state iscritte nel registro degli indagati per evitare di incappare in questioni di nullità o di inutilizzabilità. Le loro posizioni, comunque, all’epoca, erano state tutte archiviate. Sempre dalla Procura viene chiarito che per nessuna delle dieci persone sottoposte a indagine “sono stati acquisiti elementi tali da consentire di convogliare le investigazioni in una precisa direzione: sarà l’accertamento genetico, sperabilmente, elementi utili a tal fine”. Ogni “frettolosa attribuzione di responsabilità” viene definita “gratuita illazione”.

Tra il 1994 e il 2006 un misterioso attentatore ha piazzato 28 ordigni fra Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Il reato ipotizzato è attentato con finalità di terrorismo. Il caso è stato riaperto dopo che è stato evidenziato come un capello e della saliva trovati su un uovo rimasto inesploso il 3 novembre del 2000 in un supermercato di Portogruaro e attribuito al bombarolo potrebbero essere rianalizzati con le nuove tecnologie investigative. Sfruttando anche la banca dati del Dna che è nata proprio quando il procedimento veniva archiviato.

Per il caso Unabomber venne iscritto nel registro degli indagati l’ingegnere Elvo Zornitta ma la sua posizione venne archiviata quando gli inquirenti scoprirono che la prova regina contro di lui, un lamierino rinvenuto in un ordigno, era stata manomessa da un agente della Scientifica. Il poliziotto è stato processato e condannato in via definitiva.

Il nuovo indagato si chiama Luigi Pilloni. Di origini cagliaritane, ha 61 anni e vive a Gaiarine, in provincia di Treviso, dove non ha un lavoro stabile. È il protagonista del capitolo più nuovo, essendo stato segnalato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Treviso solo il 26 dicembre 2022.

I militi gli hanno perquisito l’abitazione e verificato che non ha mai avuto alcun contatto con Elvo Zornitta, l’ingegnere di Azzano Decimo (Pordenone). È questo il filone più coperto dal riserbo. Lo stesso procuratore di Trieste Antonio De Nicolo ha già affermato: “La Procura ha dovuto iscrivere nel registro degli indagati una persona sulla base di una fonte dichiarativa la cui attendibilità appare problematica ed è tutta da verificare”.

Qualcuno ha fatto il nome di Pilloni, collegandolo a Unabomber. Oltre a Pilloni e i fratelli Zornitta (Galliano fu considerato solo in una prima fase), ecco gli altri indagati: i gemelli Lorenzo e Luigi Benedetti, 52 anni di Sacile; i fratelli Claudio e Dario Bulocchi di 70 e 60 anni di Fontanafredda (Pordenone); Luigi Favretto, 74 anni, di Tarcento (Udine); Angelo La Sala, 74 anni che vive a Lestans di Sequals (Pordenone); Cristiano Martelli, 59 anni, abitante ad Azzano Decimo (Pordenone); Giovanni Fausto Muccin, 65 anni, di Casarsa della Delizia (Pordenone).

Nell’elenco dei 28 attentati (che causarono numerosi feriti) c’è un nuovo episodio: una bottiglietta di Coca Cola con esplosivo che venne trovata da un cacciatore il 28 ottobre 2007 a Zoppola (Pordenone). I reati ipotizzati sono di attentati per finalità terroristiche o di strage, con l’aggravante dell’associazione con finalità di terrorismo.

L’incidente probatorio servirà per estrarre le tracce biologiche da una decina di reperti recuperati sui luoghi di cinque attentati allo scopo di confrontarli con i profili genetici degli undici indagati e con quelli delle persone inserite nella banca dati Dna.

Si tratta dei peli trovati in un ordigno inesploso trovato il 6 marzo 2000 e inserito in una bomboletta di stelle filanti durante il Carnevale di San Vito al Tagliamento. Poi ci sono i peli dell’uovo-bomba inesploso lasciato in un supermercato di Portogruaro il 31 ottobre 2000.

Inoltre, i peli trovati su un tubo-bomba che nel novembre 2000 ferì una donna in una vigna a San Stino di Livenza.

C’è anche il nastro isolante su una confezione di pomodoro esplosa in mano a Nadia De Ros il 6 novembre 2000. Infine, il nastro isolante usato per imbottire di esplosivo un tubetto di maionese trovato in un supermarket a Roveredo in Piano nel novembre 2000. Impronte da analizzare sarebbero state trovate anche in una bomba esplosa nel bagno del Tribunale di Pordenone nel 2003, in un inginocchiatoio di una chiesa, su una scatoletta di sgombro inviata a un convento di suore in Romania, nella bomba piazzata sotto la sella della bici di una donna nel 2005 a Portogruaro.

Il gip scrive: “Sarà necessario acquisire i profili genetici di Luigi Benedetti, Claudio Bullocchi, Angelo La Sala, Cristiano Martelli, Giovanni Fausto Muccin, Luigi Pilloni e Galliano Zornitta”. Il Dna degli altri era già a disposizione del Ris di Parma. Poi aggiunge, prudenzialmente: “Va chiarito che al momento non sono stati acquisiti a carico di alcuno dei soggetti sottoposti a indagine elementi più significativi e che la loro menzione in questa sede deriva soltanto dall’esigenza di evitare possibili future prospettazioni di nullità o inutilizzabilità dei risultati dell’incidente probatorio richiesto”.

I periti saranno la professoressa Elena Pilli dell’Università di Firenze e il colonnello Giampietro Lago, comandante del R.I.S. di Parma. Il procuratore De Nicolo spiega: “Nel corso dell’udienza è ragionevole attendersi che i periti chiedano un congruo termine per lo svolgimento dell’incarico, termine che normalmente viene stabilito in 60 o in 90 giorni. Alla conclusione i periti depositeranno il loro elaborato, nel quale verrà data risposta ai quesiti formulati dal giudice”.