Lo stadio di Amantea quando le tribune erano fruibili

AMANTEA (Cs) – Non accenna a placarsi la polemica che da giorni sta tenendo banco sui social, relativamente alla decisione assunta dal primo cittadino di Amantea, Vincenzo Pellegrino, di continuare a fare disputare le partite di campionato presso lo Stadio comunale a porte chiuse. Una situazione che sta andando avanti da 9 mesi e che ha letteralmente messo in ginocchio l’Acd città di Amantea 1927. 

Ma, ciò che ha infiammato gli animi di tifosi, politici, cittadini e società sono state le foto postate sul profilo facebook del sindaco e di alcuni componenti di maggioranza, che ritraevano gli stessi e alcuni carristi durante la messa in opera dei carri in un capannone privo di qualsivoglia elemento di sicurezza.

E, considerando che le tribune dello stadio non sono state aperte proprio per motivi di sicurezza, nessuno ha gradito la decisione di Pellegrino di “chiudere un occhio a convenienza”. La sicurezza c’è, oppure non c’è.

Da qui la dura presa di posizione di tanti tifosi e dell’Acd città di Amantea 1927 che, dopo la partita di campionato di domani potrebbe riconsegnare la squadra al Comune.

«Questa sarà ricordata come la stagione dello stadio chiuso», ha tuonato il segretario cittadino del Partito democratico, Enzo Giacco. 

Da una parte «c’è una società che lavora con dedizione; dall’altra i nostri under 17 e una realtà giovanile che ci invidiano. Tutti privati fino a poco tempo fa della gara casalinga. Costretti a difficoltà che evidentemente i nostri amministratori non immaginano nemmeno e che impongono sacrifici economici e sofferenze emotive. Provate a mettervi nei panni di chi anche per la partita “in casa” deve andare ad elemosinare uno stadio dove giocare, trovare i mezzi per portarci i ragazzi e poi magari essere costretto a lasciarne qualcuno a casa. Una passione trasformata in tormento».

Oggi «la privazione riguarda il pubblico, costretto fuori dallo stadio. Un danno per tutti: società, giocatori, tifosi, appassionati. Per tutta la comunità. Ciò che fa ancora più rabbia è la presenza, nell’amministrazione comunale, di personalità che dovrebbero avere in dote una certa sensibilità verso questo sport e il ruolo sociale che svolge e che, invece, non la dimostrano».

E, ancora: «Comincio a pensare che non riescano ad imporsi e subiscano la “volontà” di pochi. A maggior ragione in considerazione del fatto che per altre circostanze una certa “flessibilità” è stata adottata, per riaprire (anche solo parzialmente) lo stadio invece no. L’impressione è che ormai in questo nostro bello ma difficile paese le cose si facciano o meno in base a chi sia o non sia il detentore di una determinata delega».

Non è un caso che «in città si sussurra che da tempo qualcuno reclami la delega allo sport, lasciando intendere che rappresenterebbe la soluzione ad ogni grattacapo. È forse questo il vero problema? Perché pare che ci sia un deus ex machina che fa sapere che se dovesse essere lui a porre la questione allora sì che questa troverebbe una soluzione. Sarà. Ma se così dovesse essere ci troveremmo davvero dinnanzi ad una grave anomalia. Quando lo stadio sarà riaperto ci sarà chi pretenderà anche l’applauso. Ne sono certo».

Infine: «Chi ha a cuore la storia e le tradizioni di questa città smetta di innaffiare una pianta secca e senza radici. Pensi alla nostra comunità e non ad altro».

Questa di Giacco è solo una delle tante dure prese di posizione contro l’amministrazione in carica. Su facebook da giorni vengono postate foto e commenti dele partite di calcio disputate all’interno dello stadio cittadino, con la preghiera per i politici in carica di dimettersi. 

Ad ogni modo, la partita di domani deciderà la sorte della squadra e forse anche quella di qualche politico locale.

stefaniasapienzaòcalabriainchieste.it

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