PAOLA – Da quando si è appreso che la Polizia Postale è risalita al profilo fake “Medardo di Terralba”, in città si è scatenata una corsa alla identificazione non solo dell’ex consigliere comunale 60enne che, da esecutore materiale, pubblicava su Facebook gli scritti considerati “diffamatori”, ma anche e soprattutto dei suoi possibili “complici”, intellettuali paolani che concepivano gli scritti e porgevano le relative veline da pubblicare sul profilo “farlocco”, costruito a tavolino per mezzo di una operazione fondata su una presunta “sostituzione di persona”.

Intellettuali, questi ultimi, che ben conoscono la storia di Paola e della sua gente, e che potrebbero finire molto presto nei guai. Chi si cela dietro il profilo falso, infatti, potrebbe vuotare il sacco, soprattutto di fronte ad azioni civili risarcitorie, in solido, che i soggetti querelanti intenteranno presumibilmente a suo carico, sempre al momento opportuno.

In caso di condanna, infatti, il creditore ha la possibilità di poter scegliere nei confronti di quale soggetto esercitare il suo diritto di ottenere il credito che gli spetta. E chi si è sentito leso, sempre nell’ambito di una ipotetica condanna, all’esito di un giudizio civile potrà rivalersi magari sul soggetto più acculturato, risparmiando chi ha agito da mero esecutore materiale.

Secondo quanto è emerso in questa prima fase, era operativo un gruppetto di politici “intranei” a una ben definita coalizione: le “bastonate” erano per tutte le coalizioni e per tutti i politici e candidati considerati “avversari” e/o “nemici”, mentre nessun elemento riconducibile al gruppo di Medardo è stato mai toccato.

Insomma, uno strumento mediatico messo in piedi per colpire il “nemico”: politici, amministratori, professionisti, famiglie, candidati.

Ed ora i nodi stanno venendo al pettine.