Il tribunale di Trapani ha autorizzato, primo caso nella storia italiana, il cambio di nominativo all’anagrafe per Emanuela. Questo nonostante la donna transgender non abbia in programma alcun intervento né terapia ormonale per la transizione.

Il 6 luglio il tribunale di Trapani ha riconosciuto a una donna transgender il diritto di cambiare nome e identità di genere all’anagrafe senza tuttavia ricorrere a un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso, effettuato o programmato, o a una terapia ormonale. Si tratta del primo caso in Italia.

Emanuela, la protagonista di questa storia, è riuscita dopo vent’anni di battaglie legali a ottenere il riconoscimento della sua identità, grazie a una sentenza della Corte di Cassazione del 2015 che ha permesso a un’altra donna transgender di legittimarsi come tale prima dell’operazione, che aveva programmato

Il principio espresso dalla Cassazione e a cui abbiamo fatto fede è che «l’intervento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali non incide sulla fondatezza della richiesta di rettifica anagrafica, con la conseguenza che, nei casi in cui l’identità di genere sia frutto di un processo individuale serio e univoco, l’organo sessuale primario non determina necessariamente la percezione di sé», ha spiegato il legale della donna, Marcello Mione.

 

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