Il ristorante

TOKYO – Vai al ristorante, ti siedi, ordini un hamburger e ti ritrovi nel piatto un raviolo. Può capitare. Uno sbaglio di tavolo, un’ordinazione confusa, un ordine appuntato male. Ma a Tokyo, al “Ristorante degli ordini sbagliati” capita tutti i giorni. A pranzo come a cena. E su questi “errori” il ristorante ci campa. E pure bene. Di successo e di moda. Ma anche un’esperienza, di vita e umana insieme.

I camerieri non sono camerieri comuni, perché hanno tra loro, invece, un problema comune che è sempre più comune nella nostra società: sono affetti “da varie forme di demenza e di perdita di memoria e capacità cognitive”, come sottolinea il Gambero Rosso. Se non s’è capito, il ristorante è un esperimento che si basa su un progetto che “sensibilizza sulle problematiche della demenza”, ma dal quale alla fine i commensali si alzano da tavola più che soddisfatti. Senza aver mugugnato o recriminato per aver scambiato “calamaretti con gamberetti o pizza con trippa”.

Scrive la rivista dei consumatori curiosi e golosi che il ristorante giapponese è “un pop-up periodico”, fondato da Shiro Oguni, regista televisivo giapponese, che lo ha progettato con l’obiettivo di “sensibilizzare sulle prospettive future delle persone circa l’invecchiamento e sul graduale deterioramento cognitivo” che tutti, indistintamente, possiamo subire.

Insomma, un ristorante aperto per diversi giorni durante l’anno dove il servizio “è curato da persone con problemi cognitivi”. Il risultato ha però dell’incredibile e al tempo stesso anche molto significativo: gli ordini “sono sbagliati mediamente nel 63% dei casi, ma allo stesso tempo il 99% dei clienti esce soddisfatto e appagato dalla cena”.

Chiosa la rivista: “La storia, che ha in sé la poesia di una favola”, ha suscitato una serie di commenti solidali e profondi da parte di persone che vivono con amici e parenti affetti da demenza – di cui l’Alzheimer è una delle cause più note, anche se non certamente l’unica né la più frequente – che evidenziano appunto quanto “sia importante e difficile convivere in situazioni del genere”. Situazioni drammatiche, che però bisogna anche “saper sdrammatizzare”. Come dire: l’appetito vien mangiando ma pure sbagliando… E sbagliando, s’impara e si solidarizza (Agi)

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