Home Cronache Sparava col fucile contro la casa dell’ex moglie: condannato fuscaldese

Sparava col fucile contro la casa dell’ex moglie: condannato fuscaldese

Proferendo nei suoi confronti gravi minacce (“ti fazzu fa na mala morte”, “ti fazzu passà na mala nuttata e ti fazzu zumpà u cranio”), cagionava alla parte offesa un perdurante e grave stati di ansia o di paura, ingenerando nella stessa fondato timore per la sua incolumità

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Angelo Pignataro, 56enne fuscaldese, è stato condannato a un anno di reclusione per minacce gravi continuate a danno della ex moglie Carmelina Mazzei.

La Corte d’Appello di Catanzaro ha infatti riformato la sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Paola, facendo propria la richiesta motivata di impugnazione inoltrata al procuratore della Repubblica di Paola, che depositò atto d’appello, dall’avvocato Emilio Perfetti del foro di Paola, difensore della parte civile.

Ma andiamo con ordine. Pignataro venne imputato per il reato di stalking commesso in danno di della sua ex consorte perché, secondo l’accusa, “appostandosi dal balcone di casa sua ed osservandola con aria minacciosa tutte le volte che usciva e rientrava, lanciando ed abbandonando mozziconi di sigaretta sul balcone e nelle scale della parte offesa, sparando di notte (con una carabina ad aria compressa) pallini sulla finestra di casa dell’ex moglie, proferendo nei suoi confronti gravi minacce (“ti fazzu fa na mala morte”, “ti fazzu passà na mala nuttata e ti fazzu zumpà u cranio”), cagionava alla parte offesa un perdurante e grave stati di ansia o di paura, ingenerando nella stessa fondato timore per la sua incolumità.

I fatti si sono verificati a Fuscaldo nel 2018.

In seguito alla sentenza di assoluzione pronunciata dal Gup del Tribunale di Paola il 21 aprile del 2021, l’avvocato di parte civile Emilio Perfetti chiedeva al procuratore di ricorrere in appello.

I giudici di Catanzaro, all’udienza del 11 gennaio scorso, hanno quindi riformato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato per minacce gravi continuate alla pena di anni uno di reclusione.

Dal dibattimento è emerso che la difesa di parte civile (avvocato Emilio Perfetti) ha dimostrato, prima attraverso la richiesta di impugnazione, e poi nel corso della discussione in udienza, come la sentenza di primo grado fosse profondamente ingiusta laddove associava la credibilità della persona offesa, riconosciuta dal Giudice in sentenza, ad una inspiegabile suggestione che le avrebbe fatto percepire in maniera amplificata la reale offensività delle condotte commesse dall’ex marito.

In realtà, sia dalle dichiarazioni rese dalla parte offesa che da quelle del figlio emergeva con nettezza la responsabilità dell’imputato che aveva posto in essere una serie di condotte persecutorie nei confronti della ex moglie. La Mazzei viveva uno stato di profonda prostrazione (e per questo seguiva anche una terapia farmacologica) anche perché il Pignataro non era nuovo a condotte del genere e per le quali era stato già condannato dal Tribunale di Paola il 7 settembre 2020 per il reato di lesioni commesso nei suoi confronti.

La Corte ha ritenuto di accogliere le argomentazioni della difesa di parte civile e del pubblico ministero e, pur escludendo l’ipotesi di reato di stalking, ha riconosciuto la responsabilità dell’imputato per le minacce gravi continuate.

Di seguito un breve significativo stralcio della discussione dell’avvocato Perfetti: “Le minacce non sono suggestione! Che vuol dire “percezione condizionata dal rapporto con l’imputato”? Il Gup arriva addirittura ad affermare che le minacce “appaiono in concreto prive di serietà ed effettiva capacità intimidatoria” anche in considerazione del fatto che quando l’imputato le ha proferite si è allontanato subito dopo. Ma come si fa ad affermare una cosa del genere? Una minaccia non viene privata della sua capacità intimidatoria in base alla distanza dalla vittima. Questa è un’enorme sciocchezza! Nel delitto di minaccia l’atto intimidatorio è fine a se stesso e per la sussistenza del reato si richiede solo che l’agente ponga in essere la condotta minatoria in senso generico, trattandosi di reato formale con evento di pericolo, immanente nella stessa condotta, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta stessa ad intimorire e irrilevante l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente, senza che sia necessario il verificarsi di un reale stato di intimidazione della vittima. E la cornice di riferimento è quella di un uomo che aveva già realizzato un’aggressione ai danni della ex moglie…