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Intelligence, Marco Valentini al Master dell’Università della Calabria

Il prefetto: “Le regole non rappresentano un ostacolo per l’attività dell’intelligence ma la cornice necessaria per le politiche di sicurezza nazionale”

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Il prefetto Marco Valentini

RENDE – “Le regole dell’intelligence in Italia” è il titolo della lezione tenuta dal Prefetto Marco Valentini, Consigliere di Stato, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.

Il Prefetto ha in primo luogo rivolto un apprezzamento alla varietà e alla ricchezza di contenuti del percorso formativo del Master, elogiandone l’ampiezza e la profondità dell’approccio culturale, che si caratterizza per cogliere fino in fondo quell’interdisciplinarietà oggi indispensabile per comprendere scenari di crescente complessità.

Descrivendo, in apertura, i passaggi salienti di quello che in letteratura è correntemente definito “ciclo dell’intelligence” Valentini ha richiamato l’attenzione sulla necessità di avvicinarsi alla conoscenza del “metodo” dell’intelligence distinguendo, in relazione alle finalità perseguite, il lavoro dell’intelligence istituzionale, compresa nel perimetro del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, dalle attività di altre strutture, pubbliche e private, che pure si avvalgono di processi di elaborazione di informazioni per i propri specifici fini.

Ha poi proseguito sottolineando le differenze tra l’attività dell’intelligence istituzionale, nei termini sopra precisati, e quella propria delle Forze di Polizia, dove strumenti simili incontrano finalità diverse, nel primo caso rivolte precipuamente, anche se non esclusivamente, al decisore politico, nel secondo caso destinate prima o poi a confluire in un’investigazione giudiziaria e in un processo.

Il ruolo della Magistratura, per definire in modo ancora più appropriato i termini di tale distinzione, che non esclude ovviamente le più ampie forme di collaborazione, è chiarificatore. Nel caso dell’intelligence istituzionale – ricordando le parole di Franco Frattini, nella sua veste di Presidente del Comitato parlamentare di controllo – può soccorrere l’immagine della “paratia stagna” che separa i due mondi, con qualche eccezione, ad esempio in materia di intercettazioni preventive; nel caso delle Forze di polizia, il rapporto di polizia giudiziaria rappresenta la ineludibile finalizzazione dell’attività, non di rado punto di partenza, con la direzione del pubblico ministero, di investigazioni più approfondite.

Finalità istituzionale significa, per le Forze di Polizia, prevenzione e repressione dei reati. E’ per altro verso evidente come la tutela della sicurezza della Repubblica, in termini di protezione e di garanzia, incontri in modo ravvicinato l’interesse politico più sensibile dello Stato e delle sue Istituzioni, come peraltro evidenziato dalla Corte Costituzionale fin dalla fine degli anni settanta.

Distinguere le finalità istituzionali è d’altro canto molto importante per comprendere i modelli organizzativi, anche in termini di attività, di compiti e di controlli. Ciò non significa che, al medesimo tempo e come d’altro canto previsto dalla legge, le varie componenti non operino secondo logiche di appropriato coordinamento. Ne è testimonianza il doppio binario della disseminazione delle informazioni prodotte dall’intelligence istituzionale, da un lato in direzione del decisore politico, dall’altro verso le Forze di polizia o altre strutture pubbliche individuate, di volta in volta, come destinatari necessari.

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