La Corte di Appello di Catanzaro, il 14 aprile prossimo, dovrà riformare o confermare la sentenza di primo grado per gli otto imputati – giudicati il 25 agosto 2022 con rito abbreviato – del processo “Eleo”. L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, lo ricordiamo, riguarda la locale di ‘ndrangheta di Petilia Policastro che, il 25 gennaio 2020, ha portato ad un decreto di fermo nei confronti di 12 indagati.
La Corte di Assise adesso dovrà decidere sulla posizione di: Giacinto Castagnino, (32enne di) Crotone, (in primo grado condannato a 8 anni e 8 mesi); Rosario Curcio, (62 anni) di Petilia Policastro, (in primo grado condannato a 8 anni, 8 mesi di reclusione e 10mila euro di multa) e rispetto al quale la Dda chiederà ai giudici di secondo grado una pena più severa; Diego Garofalo, (42 anni) di Petilia Policastro, (a cui in primo grado sono stati inflitti 10 anni); Mario Garofalo (46 anni) di Petilia Policastro,(in primo grado 10 anni); Giuseppe Garofalo, (37 anni) di Petilia Policastro, (in primo grado 8 anni e 8 mesi); Antonio Grano, (40 anni) di Petilia Policastro, (in primo grado 10 anni); Tommaso Rizzuti, (40 anni) di Crotonei, (in primo grado 10 anni) e Francesco Scalise, (34 anni) di Petilia Policastro, (in primo grado 8 anni e 8 mesi).
Le indagini, delegate al Nucleo investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Crotone e dalla Compagnia di Petilia Policastro e coordinate dal procuratore Nicola Gratteri e dai sostituti Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino, hanno consentito di definire la pervasività della locale di ‘ndrangheta di Petilia Policastro nel territorio dei comuni di Petilia Policastro e Crotone, che sarebbe riuscita a riorganizzarsi, a partire dal 2014, dopo le scarcerazioni di alcuni esponenti di spicco, che hanno determinato una escalation di atti intimidatori sul territorio, individuando e delineando i singoli ruoli dei vari componenti dell’articolazione: organizzatori delle attività criminali, i partecipi, compresi i nuovi adepti a disposizione del reggente con mansioni di autista.
In particolare l’attività investigativa avrebbe permesso di identificare il presunto mandante dell’omicidio dell’allevatore Massimo Vona, in Rosario Curcio, alias Pilirusso e uno degli asseriti esecutori materiali in Pierluigi Ierardi, che ha scelto il rito ordinario, ricostruendone le varie fasi. Il 30 ottobre 2018, la vittima, dopo essere stata attirata in un’azienda agricola in località “Scardiato” di Petilia Policastro, con il falso pretesto di “consegnarle” i responsabili dell’incendio appiccato nel 2016 ai danni del suo capannone, sarebbe stata uccisa, con almeno due colpi di arma da fuoco, dall’assassino che lo attendeva insieme ad altre persone allo stato sconosciute. Un caso di lupara bianca, tant’è che i responsabili avrebbero poi eliminato il cadavere, mai più ritrovato. L’8 novembre 2018, in località Scavino di Petilia Policastro, i carabinieri sono riusciti a recuperare solo la carcassa dell’auto dell’allevatore scomparso, completamente distrutta dalle fiamme e abbandonata in una stradina interpoderale a servizio di alcuni appezzamenti di terreno coltivati a uliveti. Secondo gli inquirenti dunque ad organizzare l’esecuzione, la soppressione del cadavere e la distruzione dell’auto sarebbe stato proprio Ierardi.