SAN LUCIDO (Cs) – Il tema del dialetto, inteso come lingua da preservare e importante patrimonio della nostra cultura e della nostra storia è stato affrontato domenica scorsa a San Lucido nella splendida location di “Villa Rinaldi” nel corso di un convegno organizzato dalla Pro Loco presieduta da Loredana Pastore.

L’evento, seguito da un’attenta e nutrita platea, è inserito nelle manifestazioni promosse per la “Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali”.

Dopo i saluti del sindaco di San Lucido, Cosimo de Tommaso e della presidente della Pro Loco sanlucidana Loredana Pastore è intervenuto don Franco Staffa, docente della facoltà di Teologica Italia meridionale. 

Nella sua relazione don Staffa in un breve un excursus storico ha parlato dell’origine dei dialetti calabresi e di quello “lucitano” in particolare.

«I dialetti italiani – ha detto don Franco Staffa – sono il risultato del processo di trasformazione e differenziazione del latino parlato diffuso nel territorio.  Attraverso lo studio della lingua si conosce la  storia di un territorio. Conoscere, conservare e tramandare le parole dialettali è un modo di mantenere le nostre radici storiche».

La professoressa Anna Russo ha invece relazionato sulla figura di Tullio De Mauro illustre linguista, lessicografo e saggista italiano, ministro della pubblica istruzione dal 2000 al 2001 nel governo Amato.

La professoressa Floriana Chiappetta, invece, nel ringraziare la Pro Loco per l’iniziativa ha sottolineato quanto il dialetto sia «il fulcro delle nostre trazioni e anima della nostra storia. Le tradizioni sono la poesia della storia locale, e proprio attraverso di esse noi scopriamo l’anima di un popolo, come sono vissuti i nostri padri e i nostri nonni, coloro che hanno fatto della nostra comunità quella che è oggi».

Diverso, il punto di vista sul dialetto di Caterina Provenzanodocente e direttore della rivista “Calabria Letteraria” che ha incentrato il suo intervento su un tema di grande attualità: “Dialetto e giovani: lingua sul viale del tramonto o patrimonio culturale da preservare?”.

«Come possono i giovani – ha detto Provenzano – conoscere il dialetto se sono figli, nipoti, di chi il dialetto lo ha rifiutato? Stiamo parlando di qualcosa che non si conosce perché nessuno ormai lo parla più. Il dialetto è stato completamente allontanato perché non più utile e se si sta perdendo la colpa è anche nostra. Ma una cosa possiamo farla: salvaguardare la questione culturale anche inserendo nelle scuole lo studio delle opere dei nostri grandi scrittori calabresi in dialetto».

Antonello Grosso Lavalle, presidente provinciale delle Pro Loco, ha ricordato l’attività dell’Unpli a tutela del dialetto attraverso le varie iniziative organizzate, anche a livello nazionale.

Per il consigliere regionale Franco Iacucci «occorre fare un’operazione culturale del dialetto attraverso delle iniziative portate avanti anche nelle scuole, con dei progetti mirati onde evitare che il nostro “vernacolo” sia dimenticato».

Ha concluso il convegno la consigliera provinciale Sabrina Mannarino che ha sottolineato che «la politica si deve preoccupare di tutelare tutto ciò che riguarda la cultura e le nostre tradizioni. Dobbiamo tramandare le tradizioni di un territorio a quelli che verranno dopo. Legislativamente dobbiamo vedere se possiamo raffigurare precise professioni che siano  poi portatrici del valore di questa lingua, che non è più parlata e neanche scritta, ma che è così importante per il nostro futuro».

fiorellasquillaro@calabriainchieste.it

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