AMANTEA – Risarcimento danni per l’ex consigliere comunale di Amantea, Tommaso Signorelli: la Cassazione ha rispedito gli atti alla Corte di Appello di Catanzaro per una nuova determinazione. I giudici del Riesame, infatti, avevano rigettato la richiesta risarcitoria presentata dagli avvocati Giuseppe Bruno e Sergio Rotundo (legali di fiducia di Signorelli) per ingiusta detenzione, ma per la Cassazione il caso merita di essere ritrattato.
Signorelli, coinvolto nell’operazione antimafia denominata “Nepetia” (scattata ad Amantea nel dicembre del 2007), era stato tratto in arresto poiché ritenuto il politico di fiducia del clan. E, per tale motivo, era anche stato condannato in primo grado a sei anni di carcere. La sentenza di Appello, però, aveva visto Signorelli assolto e, il consiglio comunale sciolto per mafia reintegrato dal ministero dell’Interno con tante scuse. A dimostrazione della totale innocenza dell’ex consigliere amanteano, la Cassazione il 13 dicembre del 2016 aveva emesso sentenza assolutoria con formula piena, ossia “perché il fatto non sussiste”.
L’ex consigliere comunale, dopo il pronunciamento dei giudici romani si era sfogato sulla stampa: «Quando sono stato chiamato inopinatamente in causa, ho da sempre escluso qualsiasi condotta illecita, quale concausa dell’intervento ministeriale e per tale ragione ho avanzato richiesta di copia di tutti gli atti a sostegno del decreto di scioglimento, e contestualmente ho conferito ai legali di fiducia apposita nomina al fine di agire nei confronti del ministero degli Interni e della prefettura di Cosenza per ottenere il risarcimento dei danni morali e materiali cagionati dall’aver inserito il mio nominativo peraltro, omissato, ma nel citato, ma nel citato decreto era evidente il riferimento alla mia persona».
Il ministero degli Interni e la prefettura di Cosenza, «consapevoli dell’errore commesso e del grave danno provocato, hanno opposto un presunto segreto istruttorio al fine di non consegnare la documentazione, dalla quale con certezza emergeva che non ho avuto né mai potevo avere alcuna responsabilità sulle cause dello scioglimento. E’ un provvedimento di grande importanza e di affermata civiltà giuridica, in quanto mi consentirà di ottenere giustizia».
E ancora: «Non si comprendono le motivazioni che hanno indotto gli ispettori della prefettura di Cosenza e del ministero degli interni, a riportare fatti e circostanze, riguardanti la così detta operazione Nepetia, coordinata dalla magistratura catanzarese, avvenuta nel 2007, conclusasi con la mia assoluzione con formula piena e che certamente non avevano alcuna influenza sulle reali motivazioni dello scioglimento del consiglio comunale di Amantea. La relazione prefettizia contiene una condotta fuorviante ed indirizzata a celare le reali ragioni sottese al provvedimento ministeriale, poiché sarebbe bastato analizzare un solo dato per escludere sin dall’inizio la mia persona dal calderone delle cause dell’invio dei commissari. Dalla sconfitta della consultazione elettorale e dalla lettura integrale della documentazione acquisita dalla Procura della Repubblica di Paola, è stato dimostrato senza alcun dubbio che sono persona offesa e danneggiata».
Rimane «l’amarezza e la rabbia per aver infangato la mia persona e la mia onorabilità, per avermi impedito il raggiungimento di prospettive politiche importanti. Il risarcimento economico non può eliminare la mia delusione, che ho sempre operato per la sola passione politica e per aver coltivato il sogno di essere utile al mio paese e contribuire alla crescita sociale ed economica dello stesso. Questo sogno, seppur tramutatosi momentaneamente in un incubo, è quello che mi ha tenuto vivo in questi anni, assieme alla vicinanza e all’affetto dei miei familiari, perché alla politica ho dedicato e dedico tutta la mia vita, mettendomi al servizio di essa e senza mai servirmene».
stefaniasapienza@calabriainchieste.it