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In sette abusarono di una ragazza: volevano punirla per farle rimangiare la denuncia di stupro. Regione e Comune parte civile nel processo

L'idea di una spedizione punitiva contro la 19enne era venuta a due dei quattro finiti in manette soltanto ieri, dopo che altri tre complici erano stati arrestati il 3 agosto

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PALERMO – Volevano punire la vittima per farle rimangiare la denuncia di stupro.

È scritto nell’ordinanza del Gip di Palermo che ha portato all’arresto di sette giovani, accusati di aver violentato una diciannovenne la notte del 7 luglio scorso in un cantiere abbandonato (https://www.calabriainchieste.it/2023/08/18/stupro-di-gruppo-a-palermo-arrestati-sette-giovani-tra-loro-anche-un-minore/).

L’idea di una spedizione punitiva era venuta a due dei quattro finiti in manette soltanto ieri, dopo che altri tre complici erano stati arrestati il 3 agosto.

I carabinieri, proprio in questa data, hanno intercettato due degli indagati, fino ad allora a piede libero, che secondo il giudice coltivavano “una volontà punitiva” nei confronti della persona offesa. Una volontà che si somma alle minacce fatte arrivare alla ragazza affinché non rivelasse quanto accaduto quella notte di luglio al Foro Italico.

I due, convocati in caserma, discutono del rischio che, il ragazzo che filmò lo stupro, avesse fatto i loro nomi. Su Whatsapp uno dei due ragazzi scrive: “Ti giuro, stasera mi giro tutta la via Libertà e mi porto la denuncia nella borsetta… gli dico guarda che cosa mi hai fatto e poi gli do una testata nel naso”, riporta nel messaggio.

Lunedì in tribunale a Palermo si terranno gli interrogatori di garanzia dei sette arrestati, tutti accusati di violenza di gruppo. Dopo avere fatto ubriacare la giovane durante una serata trascorsa nei locali della movida, nel mercato storico della Vucciria, l’avrebbero trascinata a forza in una zona isolata, dove l’hanno violentata. Tra di loro anche un minorenne. Dopo lo stupro, il branco ha abbandonato la vittima per strada, prima di andare a mangiare in una rosticceria sul lungomare.

Intanto, oltre alla Regione siciliana, che ieri attraverso il governatore Renato Schifani aveva annunciato la costituzione di parte civile al processo, oggi anche il vicesindaco Carolina Varchi ha spiegato che il Comune di Palermo farà la stessa cosa.

Il presidente della Regione è tornato sulla vicenda, spiegando che nonostante sia un garantista ritiene che «in presenza di reati di allarme sociale in cui la prova è acquisita in modo inoppugnabile, sia sotto il profilo documentale sia sotto quello delle intercettazioni delle conversazioni tra questi ragazzi prima di essere ascoltati dalla forze dell’ordine, occorrerebbe allungare o raddoppiare i termini della carcerazione preventiva. Lo dico assumendomi la piena responsabilità. Così si impedirebbe che con la scadenza dei termini possano essere presto rimessi fuori e magari ripetere così efferati comportamenti».

A sostegno della giovane stuprata è intervenuta l’associazione “Non una di meno” che ieri sera ha organizzato una manifestazione. “Lo stupratore non è malato è figlio sano del patriarcato” si legge sullo striscione in testa al corteo che ha sfilato a Palermo attraversando le strade percorse dal branco che ha trascinato la vittima, dalla Vucciria fino al cantiere abbandonato del collettore fognario dove si è consumato lo stupro.

«È bastato un semplice passaparola – dicono gli organizzatori – per dare vita a un bellissimo e prezioso momento di rabbia collettiva e rumore in solidarietà alla giovane stuprata da sette giovani uomini e contro il sistema patriarcale che normalizza la violenza di genere e continua a sfornare i suoi figli, uomini per i quali noi non siamo altro che carne da macello, prede da cacciare».

«Un momento in cui ci siamo riconosciute come sorelle e ci siamo riappropriate delle strade e della città senza paura alcuna per dire che siamo libere di viverci come vogliamo e che respingiamo qualsiasi forma di militarizzazione dello spazio pubblico. Non importa quanto e cosa si è bevuto, cosa indossiamo, dove andiamo, a che ora ci muoviamo per le vie della città, che atteggiamenti abbiamo. Il sesso senza consenso è stupro».

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