La protesta del 2008 con il compianto leader dei Verdi Palmiro Manco

SCALEA – Il movimento “La Scossa” sul piede di guerra per la probabile installazione di un’antenna 5G in via Necco a Scalea.

Si teme per i rischi dell’elettromagnetismo sulla salute umana, soprattutto dei più piccoli.

“L’amministrazione comunale di Scalea rassicura i cittadini affermando che forse non sarà edificata in quel posto. Al di là di tutto voglio ricordare che nel 2008 il movimento La Scossa, insieme ai Verdi di Palmiro Manco ed al comitato cittadino contro le antenne di Via Impresa a Scalea, guidato da Luisa Di Cristo, parteciparono insieme a studenti e tanti cittadini attivamente alla lotta contro l’installazione selvaggia di antenne di telefonia mobile nel territorio .

Lo stesso Palmiro Manco, insieme al sottoscritto e Luisa Di Cristo, avendo la consapevolezza, già nel 2008, fu promotore della proposta di “Delocalizzazione delle nuove antenne di trasmissione a frequenza Gsm (da 900 MH a 2700 Mh), in siti chiamati Poli Tecnologici di Trasmissione”, da costruire in zone distanti da siti sensibili, per evitare, appunto, ciò che oggi potrebbe accadere a Via Necco e che è accaduto in località Petrosa con l’installazione di nuove antenne 5G.

 La proposta, di cui fui relatore, incitava l’amministrazione comunale di quel periodo a individuare 3 aree o poli di trasmissione, nei 22 kmq del territorio di Scalea, lontano da quartieri costantemente abitati. Si proponeva, inoltre, di rendere pubblico il terreno dove si individuavano i siti, in modo che il rendimento delle royalty di trasmissione previste per legge (pari a 30 o 40.000 euro annui ad antenna installata), fossero incassati dal Comune e non dal privato, allo scopo che ne beneficiassero tutti. Una proposta che prevedeva entrate di risorse da inserire a bilancio per scopi sociali o per abbattere qualche spesa utile per la città e non per generare, come accade, regressivo business.

Non era una cosa impossibile all’epoca e non lo sarebbe nemmeno oggi, soprattutto, in virtù dell’aiuto attuale citato dall’ultimo consiglio di Stato, sez VI, n 5283 del 27 giugno 2022, in cui viene espressa chiaramente la possibilità che gli enti locali, come il Comune di Scalea, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, possono raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico, ai sensi del comma 6 dell’art 8 della legge N° 36 2001, prevedendo con un regolamento anche limiti di carattere generale dell’installazione degli impianti, purché sia comunque garantita una localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete nel territorio nazionale.

Ciò che risulta necessario – recita la nota del Consiglio di Stato – è che la possibile interdizione di allocazione di impianti in specifiche aree del territorio comunale risponda a particolari esigenze di interessi pubblico e che, comunque, i criteri localizzativi adottati non si trasformino in limitazioni alla copertura della rete. E’ necessario cioè che il limite o il divieto posto dall’ente locale non impedisca la capillare distribuzione del servizio all’interno del territorio e deve, quindi, esservi un equo contemperamento tra l’interesse urbanistico perseguito dal Comune e l’interesse alla piena ed efficiente copertura della rete.

Questo significa che la proposta del 2008, fatta dal fondatore di Scalea Europea e dal sottoscritto, è ancora più attuabile e che in futuro, così come adesso, è possibile individuare aree dove installare tutte le nuove antenne di Scalea senza impattare sulla paesaggistica dei luoghi e soprattutto sulla salute dei cittadini.

Sulla questione voglio specificare, che in parlamento, attualmente, si discute di portare la soglia del campo elettromagnetico per agevolare la trasmissione dati del 5 G, ai livelli Usa, cioè da 6 V/m a 61 V/m. In pratica, visto che sarà norma, un’antenna diventerebbe una sorta di “macroforno” a cielo aperto ed al netto dell’effetto ombrello, che avviene appena sotto le antenne trasmettitrici, i cittadini che abitano nell’arco di 500 o 600 metri da un trasmettitore 5G , avrebbero conseguenze poco piacevoli per la  loro salute.

 “Ricordo, con molto dispiacere, che la lotta di via Impresa fondamentalmente, fu persa perché la legge italiana, a volte, non è sinonimo di giustizia sociale, specialmente quando parliamo di opere che riguardano l’interesse del Paese e quando nel termine “Paese” si innescano meccanismi di mercato.

Spero per questo motivo che l’Amministrazione comunale, avendo radici comuni di lotta, non persegua vie diverse da quelle che hanno caratterizzato la loro origine”.

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