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Processo al cetrarese accusato d’aver sparato colpi di pistola contro l’auto del maresciallo dei Carabinieri

La suprema Corte ha annullato l’ordinanza del gip con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro che si terrà il 5 marzo 2024

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Un processo

CETRARO (Cs) – Si terrà il prossimo 5 marzo 2024 presso il Tribunale di Catanzaro l’udienza nei confronti del cetrarese Fedele Cipolla per la vicenda legata all’intimidazione al maresciallo dei carabinieri Orlando Ambrosio, all’epoca dei fatti comandante della stazione di Cetraro.

L’auto del militare, una Volkswaghen Golf era stata crivellata da otto colpi di arma da fuoco mentre era parcheggiata davanti alla caserma dei carabinieri di Cetraro la sera del 13 marzo 2021.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 48751del 6 dicembre 2023, ha accolto il ricorso dei difensori di Cipolla, vicino al clan Muto, gli avvocati Marco Bianco e Giuseppe Bruno, rinviando per un nuovo giudizio l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro.

Il Tribunale di Catanzaro, dopo l’appello del procuratore della Repubblica avverso l’ordinanza emessa il 9 settembre 2023 dal gip aveva accolto la richiesta cautelare nei confronti di Fedele Cipolla, limitatamente al reato di minacce a pubblico ufficiale, (escludendo l’aggravante dell’associazione mafiosa), applicando la misura degli arresti domiciliari, rigettando la custodia in carcere, per mancanza di gravità indiziarla.

Il gip, in parziale accoglimento dell’appello, aveva applicato al Cipolla in relazione ai reati di minaccia in concorso, ricettazione, danneggiamento, la misura degli arresti domiciliarí con il braccialetto elettronico.

Avverso l’ordinanza i legali hanno contestato la gravità indiziaria e la  mancanza dell’aggravante dell’associazione mafiosa. Secondo i difensori, il  Tribunale ritenendo assodato che il Cipolla ha esploso i colpi di pistola, ha travisato le conclusioni dell’accertamento tecnico che riteneva compatibili, ma non caratteristiche, le particelle rilevate sul Cipolla derivanti da colpi di arma da fuoco, con quelle ritrovate sul luogo della sparatoria.

La stessa relazione, nella parte iniziale, ha evidenziato che dette particelle derivavano anche da svariati ambienti lavorativi.

Quanto all’aggravante mafiosa gli avvocati hanno contestato che dagli atti non è emerso alcunché al riguardo, inoltre, sono state trascurate le scuse del Cipolla riferite allo stesso maresciallo.

Con il secondo motivo la difesa ha censurato la mancanza di motivazione delle esigenze cautelari.

La Corte ha ritenuto il primo motivo del ricorso inammissibile per l’impeccabile valutazione dell’analisi dello stub secondo cui dopo le minacce da parte del ricorrente, il giorno prima della sparatoria era stata rubata la vettura utilizzata dagli sparatori per recarsi presso la caserma dei carabinieri ed esplodere otto colpi, da due armi diverse, contro la Volkswagen Golf del maresciallo Ambrosio.

In particolare, la consulenza specialistica aveva accertato che “le cinque particelle rinvenute sulle superfici cutanee di Cipolla Fedele sono state studiate e classificate al nostro laboratorio come derivanti da colpi di arma da fuoco […] risultando trascurabile la possibilità che le stesse 5 particelle possano derivare da altra fonte” e il ricorrente asserisce che tale ultima affermazione non è presente nella relazione, senza fornirne prova.

Fondato, invece, è il ricorso per l’aggravante mafiosa.

La Corte, nonostante Cipolla sia “figlio di un noto esponente del clan Muto, attualmente detenuto in regime di carcere speciale, nonché soprattutto, controllato in svariate occasioni in compagnia di soggetti intranei o gravitanti attorno alla medesima cosca” non  ha individuato alcuna condotta manifestante il metodo mafioso.

Per questi motivi la suprema Corte ha annullato l’ordinanza del gip con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro che si terrà il 5 marzo 2024.

fiorellasquillaro@calabriainchieste.it

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