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Parlamentare di Fdi “costretta a fare il test di paternità”: nessuna relazione clandestina

Rachele Silvestri, deputata di FdI, ex M5S: "Calunnia condivisa di telefono in telefono, di chat in chat, uno schifo"

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ROMA – Una deputata di Fratelli d’Italia denuncia di essere stato costretta al test del Dna per identificare il padre del suo bimbo perché era stata accusata di essere rimasta incinta nell’ambito di una storia clandestina con un personaggio influente di Fratelli d’Italia.

Il padre di mio figlio è proprio Fabio, il mio compagno“, scrive nella sua lettera al Corriere della Sera Rachele Silvestri, deputata di FdI, ex M5S.

E il racconto prosegue: “Naturalmente, non avevo dubbi. Perché, quindi, l’ho fatto?. E, soprattutto, perché chiedo che venga riportata la notizia sui giornali? Se la fantasia (o la curiosità) vi sta portando chissà dove, leggete, e poi, mi auguro, vi indignerete insieme a me. Perché, delle volte, la becera realtà arriva a superare anche la più fervida fantasia”.

E’ quanto scrive, dunque, Rachele Silvestri.

“Nel 2019 sono uscita dal Movimento e, dopo un periodo nel gruppo Misto, ho aderito a Fratelli d’Italia. È stata una scelta di cuore e di ragione, perché col partito di Giorgia Meloni condividevo da tempo le idee e il coraggio – ricorda Silvestri -.

Circa un mese fa, una persona amica mi racconta che gira la voce che il mio bambino non sarebbe figlio del mio compagno, ma di un politico molto influente di Fratelli d’Italia, a sua volta sposato. Mio figlio sarebbe, quindi, nato da una relazione clandestina, grazie alla quale io avrei anche ottenuto la mia candidatura“, racconta la deputata.

“Riuscite soltanto a immaginare come mi sono sentita? Non bisogna essere una donna per capire lo schifo, la violenza, l’umiliazione“, aggiunge Silvestri.

“Mi chiedo: ma in quanti modi il corpo di una donna può essere violato, calpestato, abusato? Quante volte il dono della procreazione può essere strumentalizzato e degradato? In nome di cosa è giustificabile la violenza su un bambino appena nato? Non so chi sia stato. Molti, però, hanno scelto di condividere una evidente calunnia, di telefono in telefono, di chat in chat, rendendosi complici di questo schifo – afferma -. E anche chi sa ma ha deciso di non parlare lo è”. “Ho scelto di rendere pubblica questa storia per tutelare mio figlio e Fabio, legittimo papà e mio amato compagno.Il mio augurio è che nessuno sia indulgente con l’autore della calunnia e con chi contribuisce a diffonderla”, conclude nella lettera.

 

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