CATANZARO – In data odierna la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato con proprio decreto la revoca del sequestro di prevenzione elevato dal Tribunale di Catanzaro nel 2022 a danno di Pasqualino, Francesco, Marcello Perri e loro congiunti (https://www.calabriainchieste.it/2023/09/29/centro-commerciale-due-mari-dissequestro-e-rigetto-della-confisca-no-alle-misure-di-prevenzione-a-carico-dei-tre-perri/).

Come noto Francesco Perri era stato interessato già nel 2016 da sequestro ex art. 416 bis comma 7 del codice penale, poi revocato dai Tribunale di Catanzaro e Lamezia Terme a seguito di sentenza della Corte di Cassazione.

Nel marzo 2023 Francesco Perri è stato assolto nel processo Andromeda celebratosi presso il Tribunale di Lamezia Terme che ha smentito la tesi dei pentiti secondo la quale egli è soggetto colluso con le ndrine di Lamezia Terme.

Nel 2020, nelle more del processo Andromeda, il pentito Francesco Saraco di Badolato ed il pentito Mario Santoro di Castrovillari avevano accusato Francesco Perri insieme al legale e al consulente di avere corrotto il giudice Valea al fine di ottenere la restituzione del beni oggetto di sequestro penale nel 2016.

Tale accusa è stata archiviata, ma nel 2022 il Tribunale di Catanzaro ha disposto sequestro di prevenzione, non solo a danno di Francesco Perri ma anche a danno dei fratelli Pasqualino e Marcello.

Il Decreto odierno della Corte di Appello esclude la tesi dei pentiti e con essa la pericolosità dei fratelli Perri che torneranno nella disponibilità dei loro beni.

In dettaglio, la Corte di Appello confermando quanto già statuito dal Tribunale di Lamezia Terme e dal Tribunale di Catanzaro, ha escluso “l’inserimento della cosca negli affari del gruppo Perri mediante imprese riconducibili alla criminalità organizzata ….

Nella specie la difesa ha prodotto copiosa documentazione tra cui una consulenza tecnica che fornisce una spiegazione alternativa ai rapporti intercorsi tra le dette società e il gruppo Perri, altrettanto plausibile rispetto a quella propugnata dall’Accusa”.

Anche la contestazione di avere assunto soggetti vicino alla cosca Iannazzo è stata bocciata dalla Corte che ha rilevato come trattasi “a bene vedere comunque di un numero ben esiguo di assunzioni (3), rispetto alle migliaia di dipendenti del gruppo”.

Ha riconosciuto, inoltre, il ruolo collaborativo di Francesco Perri con le Forze dell’Ordine in ordine al trafugamento della bara del padre, trucidato dalla ndrangheta il 10 marzo 2003.

Infine, la Corte di Appello ha condiviso quanto già rilevato dal Tribunale in ordine alla mancanza di pericolosità sociale di Perri Francesco “difettando elementi concreti per affermare che la crescita imprenditoriale del gruppo sia strettamente collegata al predominio nella zona della cosca Iannazzo, trovando al contrario spiegazioni di natura contabile per come contenute nella consulenza in atti”.

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